6 giugno 2014
Antonino Bilella, l’uomo accusato dell’omicidio e della scomparsa del cadavere di Francesca Benetti, la 55enne di Cologno Monzese di cui si sono perse le tracce dal 4 novembre scorso, si sarebbe assicurato che i figli della donna “non si sarebbero avvicinati alla Villa di Potassa, contattando loro telefonicamente, accertando che gli stessi sarebbero rimasti in Cologno Monzese, distanti dunque dalla loro madre”. A dirlo, definendo il tutto un “piano diabolico”, è il legale del fratello della donna, avvocato Agron Xhanaj, che, dopo la contestazione della premeditazione nell’omicidio della donna, afferma che “gli elementi di indagine raccolti dalla difesa della persona offesa hanno consentito sin da subito individuare la vera natura di sfondo sessuale del reato di omicidio. Aveva fatto di tutto il custode – aggiunge il legale – per attirare la vittima in villa, utilizzando svariate scuse, al solo scopo di averla sessualmente. Evidentemente ciò ad ogni costo. Bilella sapeva che la vittima non apprezzava le sue avance. Per questo aveva messo in previsione a dovere fare i conti con la reazione della donna che si sarebbe rifiutata a lui. Per questo il Bilella sapeva già che avrebbe dovuto ‘rimediare’ quanto poteva sfociare dal rifiuto della donna; a costo – conclude il legale – anche di ucciderla”.
12 novembre 2013 – Il Giornale di Vicenza
C’era sangue, tanto sangue in quella villa di Potassa. Qualcuno ha provato a lavare, a cancellare le tracce, a ripulire con cura, ma non è bastato. I Ris lo hanno trovato nel corridoio, tra le piastrelle del pavimento. E quei segni di trascinamento parlerebbero chiaro: Francesca Benetti, 55 anni, originaria di Valdagno e da qualche tempo trasferitasi in provincia di Grosseto sarebbe stata uccisa nella sua casa e poi portata fuori, chissà dove.
LE INDAGINI. Ma il sangue non è il solo elemento che, secondo i carabinieri, incastra Antonino Bilella, il custode di 69 anni. Ci sono anche quei graffi sulle sue braccia, forse i segni lasciati dalla donna in un disperato tentativo di difendersi e non, come lui continuerebbe a ripetere, ferite che si è procurato lavorando nei campi. E poi, ancora, c’è il giallo dell’auto: una sera l’uomo è salito sulla sua Punto, ha imboccato una stradina secondaria e, lontano da occhi indiscreti, si è sbarazzato del pianale, che però è stato subito recuperato dai carabinieri. Lui non lo sapeva, ma lo stavano pedinando da giorni. Adesso la superficie sarà analizzata dai Ris alla ricerca di tracce utili. Ed è stata sequestrata anche la macchina alla quale aveva fatto oscurare i vetri posteriori (per non far vedere che mancava quel pezzo) prima di decidere, in fretta e furia e apparentemente senza motivo, di liberarsene portandola da uno sfasciacarrozze. Infine ci sarebbe il suo racconto: confuso, lacunoso, pieno di «non mi ricordo». Un racconto che non convince e che, anzi, solleva ancora più dubbi.
IL FERMO. Domenica mattina all’alba per lui è scattato il fermo. Deve rispondere di omicidio volontario e di occultamento di cadavere. Il corpo della bella insegnante di fitness non è però ancora stato trovato. E sono passati nove giorni dalla sua scomparsa. Svaniti anche due cellulari. Francesca Benetti aveva tre telefoni ma ne è stato recuperato solo uno. I gravi «indizi di colpevolezza» sui quali insiste il procuratore capo Francesco Verusio inchioderebbero insomma proprio Antonino Belilla. Sessantanove anni, siciliano trapiantato a Torino, due figli che vivono in Piemonte e una ex moglie. Taciturno, più basso della media, tozzo. Ma anche forte come lo sono gli uomini abituati a lavorare la terra. Secondo i carabinieri del nucleo investigativo l’uomo lunedì mattina ha perso la testa e ucciso Francesca. Quello è stato l’ultimo giorno in cui è stata vista. È stato il compagno della donna a dare l’allarme. L’ha chiamata ai diversi numeri di telefono ma i cellulari erano muti e a casa non c’era. Un silenzio inspiegabile: ha intuito subito che doveva esserci qualcosa che non andava.
IL CUSTODE. L’ex insegnante di fitness, dopo aver vissuto molti anni a Milano, aveva acquistato la tenuta a Potassa di Gavorrano qualche anno fa, insieme al marito. Una grande casa colonica circondata da trenta ettari di terreno. Quando era rimasta vedova aveva deciso di trasferirsi definitivamente in Maremma: viveva in un appartamento a Follonica ma trascorreva anche molto tempo in campagna. L’arrestato era stato presentato a Francesca da alcuni amici in comune: lei cercava qualcuno che si prendesse cura della sua proprietà e lo aveva assunto. Ma sembra che avessero litigato, qualche volta, per questioni legate a quel terreno. A lei non piaceva come lavorava e forse aveva deciso di allontanarlo dalla villa. Ci sarebbe stato anche dell’altro: il fattore si sarebbe invaghito della donna. Avrebbe perso la testa per Francesca, per quella cinquantacinquenne che dimostrava dieci anni meno, sempre carina e gentile e sembra che avesse cominciato a tempestarla di telefonate.
IL COMPLICE. Poi, lunedì mattina, probabilmente nell’appartamento della donna, è successo qualcosa. Quello che potrebbe risultare difficile è credere che il fattore abbia fatto tutto da solo: ucciderla, far sparire il cadavere, pulire l’appartamento e soprattutto lasciare l’Opel Corsa di Francesca nel parcheggio della stazione di Follonica. Per poi magari trovare un passaggio o prendere un autobus e tornare a Potassa. Ora quindi, si aprirebbe anche la caccia al complice, mentre continuano le ricerche dei militari nell’enorme tenuta: trenta ettari che i carabinieri stanno passando a setaccio anche con l’aiuto di cani super addestrati.
Claudia Milani Vicenzi
Fonte: ilgiornaledivicenza.it/stories/Home/588730_uccisa_e_fatta_sparire_il_custode_inchiodato_dal_sangue_e_dai_graffi/?refresh_ce#scroll=2485
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