Indubbiamente, l’entrata in vigore del delitto di atti persecutori nel nostro ordinamento ha “sollecitato” la fantasia di molte persone che abusano di tale istituto giuridico per risolvere questioni di convivenza anche in contesti di residenza comune, dando corso al fenomeno del cd. stalking condominiale.
A seguito di normali discussioni dovute all’utilizzo di parti comuni, una famiglia ha denunciato un vicino per aver posto in essere atti persecutori nei loro confronti, tra i quali anche pedinamenti, minacce e lesioni.
Tuttavia, nel corso del dibattimento è emerso che nei giorni indicati dalle presunte persone offese in cui sarebbero avvenuti i fatti reato, l’imputato in realtà si trovava all’estero per motivi di lavoro. Ha messo a disposizione dell’Autorità Giudiziaria tutta la documentazione necessaria a comprovare tal circostanza ottenendo la conseguente declaratoria di assoluzione nei suoi confronti.
Tale procedimento è stato solamente uno dei tanti che, suo malgrado, l’uomo ha dovuto affrontare a causa delle molteplici denunce sporte dai vicini nei suoi confronti. Ogni procedimento penale, tuttavia, è stato puntualmente archiviato per infondatezza delle condotte contestate.
L’utilizzo improprio della normativa sugli atti persecutori da parte dei querelanti ha, paradossalmente invertito i ruoli tra le parti, risultando in realtà, l’imputato – poi assolto – la vera vittima di “stalking giudiziario”.
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